Il tempo di esposizione ad attività sport specifiche legate al calcio è correlato con il livello di abilità raggiunto dai giocatori (Ford & Williams, 2014). In media, i calciatori che raggiungono livelli internazionali iniziano a giocare a cinque anni e accumulano circa 5.000 ore di attività entro i 15 anni di età. Durante il loro percorso, le attività cui i giovani calciatori prendono parte sono sostanzialmente di tre tipi:
• allenamento intenzionale;
• gara, ovvero un’attività formale in cui l’obiettivo primario è superare un’altra squadra;
• gioco libero, attività informale dove l’obiettivo primario è il divertimento.

La figura 2 mostra come erano distribuite queste attività nel percorso formativo di 328 giocatori di età pari a 15 anni militanti in settori giovanili professionistici di sette diverse nazioni (Ford & Williams, 2012). Notiamo che le ore di gara raddoppiano nell’adolescenza, così come quelle di allenamento, mentre le ore dedicate al gioco non diminuiscono in maniera significativa. In particolare, le ore di allenamento passano da 186 a 412 all’anno, mentre quelle di gara da 37 a 67. Stando al principio per cui l’allenamento intenzionale è l’attività primaria necessaria per eccellere, saremmo indotti a pensare che occorra anticipare l’età di avvio dell’attività
formale (allenamento o gare) per aumentare le probabilità che un giocatore raggiunga prestazioni d’élite. Questo principio, noto come specializzazione precoce (early engagement) è funzionale all’ottenimento di prestazioni elevate in molte discipline individuali e in cui il picco della prestazione si raggiunge generalmente prima dell’età adulta, come la ginnastica e il pattinaggio artistico. Negli sport di squadra, invece, sono emerse soprattutto conseguenze potenzialmente negative, quali ad esempio l’abbandono della pratica sportiva (burnout o dropout) durante l’adolescenza (Coutinho et al., 2016). Al contrario, prendere parte a un considerevole volume di ore di attività in forma di gioco contrasta le conseguenze negative a livello motivazionale dovute all’eccesso di pratica. Inoltre, è stato verificato che per un bambino è più probabile sviluppare prestazioni elevate nel tempo se viene coinvolto in un volume maggiore di ore di gioco non strutturato, piuttosto che sottoposto ad alte concentrazioni di attività formale (Güllich et al., 2017). Infine, la partecipazione ad altri sport molto spesso facilita l’ottenimento di prestazioni di vertice nel lungo periodo (Güllich, 2017).
Bibliografia:
• Coutinho, P., Mesquita, I., Fonseca, A.M., 2016. Talent development in sport: A critical review of pathways to expert performance. Int. J. Sports Sci. Coach. 11, 279–293.
• Ford, P.R., Williams, A.M., 2012. The developmental activities engaged in by elite youth soccer players who progressed to professional status compared to those who did not. Psychol. Sport Exerc. 13, 349–352.
• Ford, P.R., Williams, A.M., 2014. The acquisition of skill and expertise. In: Williams, A.M. (Ed.), Science and Soccer. Routledge, New York, pp. 122–138.
• Güllich, A., 2017. International medallists’ and non-medallists’ developmental sport activities–a matched-pairs analysis. J. Sports Sci. 35, 2281–2288.
• Güllich, A., Kovar, P., Zart, S., Reimann, A., 2017. Sport activities differentiating match-play improvement in elite youth footballers–a 2-year longitudinal study.
J. Sports Sci. 35, 207–215.