COSA SONO LE FUNZIONI ESECUTIVE
Il termine funzioni esecutive include una serie di processi cognitivi che permettono un adattamento al contesto, in funzione della messa in atto di comportamenti diretti verso un obiettivo. Esse entrano in gioco nel momento in cui i processi impliciti, automatici ed istintivi di risposta necessitano dell’integrazione di informazioni su un piano attentivo ed intenzionale. Dalle ricerche di diversi autori è emerso che le funzioni esecutive possono essere raggruppate in tre nuclei di base – attenzione, Memoria di Lavoro, flessibilità cognitiva – , dai quali emergono in seguito i processi di ordine superiore, legati alla presa di decisione, al ragionamento, al problem solving e al feedback esecutivo.
Le funzioni esecutive, quindi, entrano in gioco ogni qualvolta l’individuo compia azioni finalizzate: esse infatti permettono il riconoscimento e il mantenimento in memoria degli stimoli utili, la costruzione di un piano di azione rispetto ad essi, la scelta comportamentale per farvi fronte ed infine il controllo dei risultati (feedback), al fine, se necessario di apporre delle modifiche alle decisioni successive.
Le ricerche mostrano che i lobi frontali, nel cervello dell’essere umano, sono coinvolti in tutti i processi di regolazione del comportamento e di adattamento a situazioni complesse, che richiedono l’utilizzo di attività cognitive superiori. In modo particolare l’area prefrontale dorso-laterale appare implicata nella mediazione delle cosiddette funzioni “fredde”, che prevedono un’elaborazione lenta e ponderata dei problemi, mentre la corteccia prefrontale ventro-mediale è legata alle funzioni “calde”, che consentono un’elaborazione più immediata ed automatica degli stimoli emotivi e di situazioni che elicitano stress.
Riguardo lo sviluppo delle funzioni esecutive, possiamo affermare che esistono due momenti della vita nei quali l’individuo è particolarmente sensibile alla loro acquisizione: il periodo prescolare e la transizione verso l’adolescenza. Esistono inoltre periodi sensibili di sviluppo specifici per ogni funzione. In generale le FE di base si sviluppano più precocemente, mentre quelle di ordine superiore hanno un’evoluzione più tardiva.
LA CORRELAZIONE TRA SVILUPPO DELLE FUNZIONI ESECUTIVE ED ATTIVITA’ FISICO/SPORTIVA
Studi recenti si sono concentrati su un campo di ricerca sempre più esteso che riguarda la correlazione positiva tra attività fisica e sviluppo delle funzioni esecutive. Osservando i risultati appare evidente, come sottolinea Best (2010), che l’attività aerobica può avere effetti differenti nelle varie fasce di età del bambino e dell’adolescente, in funzione dei tempi di sviluppo delle specifiche funzioni. Ad esempio, si avrà una maggiore predisposizione per i compiti che richiedono flessibilità cognitiva durante la tarda infanzia rispetto alla prima infanzia, dove le attività che implicano attenzione sono maggiormente efficaci.
Nella sua rassegna Best (2010), indica tre fattori che incidono sulle modalità in cui l’attività fisica ha impatto positivo sulle funzioni esecutive:
- Le richieste cognitive che fanno parte della struttura dell’esercizio: sono efficaci per lo sviluppo delle FE attività a squadre, giochi che implicano processi di cooperazione e conflitto, attività randomizzate e l’esecuzione alternata di programmi motori differenti;
- i processi cognitivi coinvolti nell’esecuzione di un movimento complesso e gli aspetti coordinativi;
- i cambiamenti strutturali e funzionali che l’attività fisica provoca nel cervello: secondo alcuni studi, infatti, essa stimola la plasticità sinaptica in regioni cerebrali implicate nella memoria e nell’apprendimento, oltre che nelle regioni frontali, implicate nelle FE.
A livello generale sono due le condizioni che rendono alcuni sport più favorevoli rispetto ad altri per l’implementazione delle funzioni esecutive: le ricerche dimostrano che gli sport open skill (che prevedono situazioni complesse, imprevedibili ed in continuo mutamento), ed in modo particolare quelli di tipo strategico (che richiedono la pianificazione di comportamenti efficaci in contesti che prevedono movimenti in relazione a compagni ed avversari) sono correlati a maggiori abilità nella flessibilità cognitiva, utile per adattarsi al contesto mutevole attraverso strategie funzionali, e nella memoria di lavoro, che permette di reclutare ed utilizzare le informazioni più efficacemente.
LE FUNZIONI ESECUTIVE NEL CALCIO GIOVANILE: EVIDENZE SCIENTIFICHE
Il calcio rappresenta uno degli sport d’elezione per lo sviluppo del sistema cognitivo, grazie alle sue intrinseche regole e caratteristiche. Infatti, al calciatore, è richiesto di adattarsi a situazioni di elevata complessità, prendendo decisioni rapide e flessibili in un contesto intenso e mutevole, attraverso la selezione degli stimoli salienti e la lettura di variabili interagenti, quali ad esempio il numero di compagni ed avversari coinvolti, la posizione in campo, gli spazi di gioco occupati e quelli liberi, i movimenti collettivi.
Evidenze empiriche mettono in relazione lo sviluppo delle funzioni esecutive con calciatori di livello èlite. Da un recente studio di Verburgh e colleghi (2016) emerge infatti che giovani calciatori èlite tra gli 8 e i 12 anni presentano prestazioni migliori in compiti che richiedono inibizione attentiva, memoria di lavoro e attenzione rispetto a pari età dilettanti. I risultati di un’analisi precedente, hanno inoltre messo in luce come calciatori di alto livello in età adolescenziale (tra i 13 e i 17 anni) superano i coetanei non èlite anche rispetto all’abilità di flessibilità cognitiva e di problem solving. La letteratura mette inoltre in evidenza come il calcio giovanile ad alti livelli sia predittivo di una maggiore capacità di apprendimento motorio implicito (non intenzionale ed autonomo) tra i 10 e i 12 anni (Verburgh, 2016).
Un altra area che è stata presa in considerazione da recenti studi è la definizione di talento, intesa come l’analisi della cosiddetta intelligenza calcistica, identificata dagli autori come capacità di utilizzo delle funzioni esecutive. Un interessante esperimento di Vestberg e colleghi (2012) ha cercato di dimostrare come la predisposizione al successo di un calciatore sia fortemente legata al suo sviluppo cognitivo. Lo studio ha mostrato come i risultati positivi nei test sulle funzioni esecutive somministrati agli individui correlassero con il numero di goal e assist messi a segno due anni dopo l’esperimento. Un’analisi successiva di Vestberg (2017) ha inoltre messo in luce come le funzioni cognitive predicano il successo calcistico non solo negli adulti, ma anche negli adolescenti tra i 12 e i 19 anni. Nello specifico, le funzioni esecutive di base sono apparse essere maggiormente predittive negli adolescenti, in quanto ad un livello elevato di sviluppo a quell’età rispetto a quelle di ordine superiore, che aumentano la loro pregnanza al crescere dell’età.
Infine, una ricerca ha messo a confronto ragazzi tra gli 8 e i 16 anni di settori giovanili professionistici e ragazzi appartenenti a squadre dilettantistiche, rilevando nei primi migliori risultati nell’inibizione motoria e nell’allerta attentiva, entrambe abilità fondamentali nel gioco del calcio. Essi utilizzavano infatti in modo più proficuo le informazioni temporali per giungere ad uno stato di allerta e mantenerlo ed inoltre si dimostravano superiori nel sopprimere risposte motorie pianificate in precedenza, ma non più utili.
Conoscere le funzioni esecutive, il loro sviluppo e gli aspetti didattici legati al loro possibile potenziamento diviene quindi una skill fondamentale per gli allenatori di settore giovanile, che agiscono sul giovane calciatore in una fascia di età fortemente predisposta all’incremento di queste abilità cognitive, strettamente legate al concetto di intelligenza di gioco, intesa come abilità di far fronte alle richieste complesse di questo sport in modo rapido ed efficace.
BIBLIOGRAFIA
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