Abbiamo passato mesi chiusi dentro casa cercando di capire cosa realmente stesse accadendo, ci siamo spaventati, troppe volte abbiamo avuto paura che non saremmo riusciti a tornare alla normalità.
Abbiamo rimpianto la quotidianità, il traffico, il caffè insieme agli amici, la più banale passeggiata o la corsa nel parco…. abbiamo desiderato la “normalità” proprio noi che volevamo fare una rivoluzione davanti a ogni piccola criticità. Abbiamo ridato uno spazio immenso, che poi è quello che merita, agli affetti famigliari, genitori, figli, nonni, zii, cugini che non sentivamo da anni; improvvisamente sono diventati veramente i nostri “cari”, ma ci è mancata poi la nostra passione che in alcuni casi è divenuta professione: il calcio, il football. Non potevamo scendere in campo perché non era consentito neanche uscire da casa e allora, l’unica cosa che potevamo fare per dare da mangiare alla nostra fame di calcio, era accendere la televisione e “rivedere” le partite dei mesi precedenti. E’ stato come vivere l’incubo di un mondo che si era fermato, nostro malgrado, che ci poteva raccontare solo ciò che era stato senza nessuna prospettiva sul futuro, un futuro che non riuscivamo non solo a programmare ma neanche a immaginare… come sarebbe stato il dopo Covid 19?
Provavamo a scrivere a immaginare ma non riuscivamo a pensare eravamo, spesso, come bloccati dalla quotidianità. Dopo questa storia terribile che segnerà i prossimi anni sotto il profilo economico e sociale il nostro mondo, il mondo del calcio è ripartito. Come? Detto fra noi in un modo che non ha niente a che vedere con quello che amiamo, giochiamo e insegniamo; ma le dure leggi della finanza hanno costretto alcuni paesi, come il nostro a concludere i massimi campionati. Scene indegne di partite giocate ogni 72 ore da giocatori finiti che si facevano male in continuazione. Partite brutte, lente, sicuramente non appetibili da chi ha il palato fino come noi che, quando ci sediamo su una comoda poltrona e dedichiamo due ore della nostra vita a “sua maestà il calcio”, vogliamo vedere uno spettacolo degno di tale nome. Diciamo, per essere buoni, che lo spettacolo non c’è stato e che quello appena concluso è qualcosa che ha rappresentato le cose più brutte che il calcio abbia prodotto nell’ultimo secolo. Ma il riavvio dei massimi campionati ha semplicemente concluso, sotto il profilo burocratico e finanziario, un campionato che doveva sancire dei vincitori e degli sconfitti. Dovevano essere stilate delle classifiche sulle quali ricreare la normalità per la stagione 2020-2021.
E qui iniziamo noi.
Noi tecnici dobbiamo ricreare le condizioni della normalità in campo e fuori per far ripartire il calcio, cioè la vita alla fine dell’estate così come sempre è stato. Ci aspettano un numero di criticità nuove che nessuno delle generazioni precedenti ha mai dovuto affrontare e proprio di queste criticità vogliamo parlare per dare uno strumento di riflessione che si spera possa contribuire almeno a far riflettere tutti per cercare soluzioni da subito perseguibili.
CHI ARRIVA AL CAMPO?
Prima convocazione, i nostri giocatori arrivano al campo con la mascherina, almeno fino a quando non usciremo definitivamente dalla situazione sanitaria, e già questa è una novità, vederci ma non toccarci. Non siamo riusciti spesso a immaginare un piano di rafforzamento del gruppo perché non potevamo vedere altri giocatori all’opera, non potevamo tessere relazioni con chi gestisce questi aspetti e allora spesso siamo “costretti” a riconfermare quasi in “blocco” chi con noi ha giocato sino a febbraio 2020.
Nei settori giovanili non si possono chiedere grandi sacrifici ai genitori, dobbiamo avere la consapevolezza che la disoccupazione, cassa integrazione, chiusure aziendali, hanno colpito anche famiglie del nostro “mondo” e tutti sappiamo che quando mancano i beni di prima necessità all’interno di una famiglia, il resto è complicato.
La prima cosa da fare
Capire in che maniera il Covid abbia inciso sulle famiglie che sono in relazione con noi. Possono mantenere un figlio a fare sport? Possono sostenere le spese che questo genere di attività comporta (trasporti, abbigliamento sportivo, scarpini etc.); ci sono stati casi di Covid in famiglia? Il calciatore è stato in quarantena? Quando chi certifica che è tutto ok?
Fatto questo passaggio dobbiamo cercare di capire che cosa il calciatore abbia fatto in questo periodo. Sicuramente durante il lockdown è rimasto in casa senza mai uscire e senza mai allenarsi all’aperto, potrà aver fatto attività di pura ginnastica nello spazio domestico, ma tutto questo come ben sappiamo, con il calcio c’entra poco.
Dobbiamo ripartire da subito con le misurazioni antropometriche che, confrontate con quelle della stagione precedente ci diranno cosa, in questo periodo di “ozio forzato” cosa è realmente accaduto. Non ho dati certi ma troveremo situazioni drammaticamente modificate. Una sola riflessione da condividere e poi andiamo avanti con le nostre considerazioni: un giocatore rapido e veloce, tecnicamente molto dotato, ritroverà subito le caratteristiche che lo rendevano il migliore? E se è un giocatore Under 16 che oltre a non aver mai svolto attività sportiva è cresciuto di 10 cm sotto il profilo staturale? Come intervenire? Con una sorta di ri-alfabetizzazione motoria che lo riporti a riconoscere i suoi gesti. Un tempo dovevamo ricominciare lì dove avevamo lasciato 40 giorni prima, adesso i mesi sono quasi 7. Riallineare un giocatore, per esempio in pieno stravolgimento ormonale e con le componenti staturali e ponderali in continua evoluzione sarà il lavoro che ogni allenatore dovrà svolgere con grande cura in questo momento. Il calciatore dovrà ritrovare la capacità di gestione delle energie Dobbiamo seriamente riflettere e pensare una strategia perché, per fare un esempio pratico, anche in Italia alcuni Club hanno preso in considerazione la ripresa ricominciando semplicemente da dove si era interrotto provocando, come purtroppo abbiamo potuto constatare, danni muscolari agli atleti e compromettendo i risultati di una stagione che magari fino a febbraio era da leader del campionato. Fatte queste premesse per la stagione 2020/2021 iniziamo ad affrontare un discorso che mi sta particolarmente: quale strategia. Cosa è la strategia?
La strategia può essere definita come “un insieme di decisioni di medio/lungo termine finalizzate ad impostare e, successivamente, coordinare azioni tese al raggiungimento di uno scopo predeterminato”. Una stagione sportiva la possiamo sicuramente immaginare in un contesto a medio/lungo termine e tutte le azioni allenamento, formazione, gare sono tese al raggiungimento di uno scopo predeterminato (vincere un campionato, confermare la categoria, migliorare individualmente le caratteristiche fisico/tecniche dei giocatori).
IL MOMENTO VALUTATIVO
L’abilità di agire su ciò che è ancora inattivo, di percepire ciò che è ancora oscuro e di vedere ciò che non è ancora nato, comprendendone le future dinamiche, è una capacità che le persone normali non possiedono e non conoscono. Le più grandi vittorie non sono conosciute, poiché esse sono conseguite prima che la normale intelligenza possa comprendere la situazione. Per usare un termine caro alla cultura cinese del V Sec a.C. La connessione di tutte le cose rende la natura totalmente interconnessa e si realizza in un duplice livello:
- Al primo livello fra le cose singole o la categoria delle cose
- Al secondo livello fra natura e cose
Questo è il pensiero fondamentale dell’affermazione che ogni punto di un’organizzazione deve essere forte in modo che la forza di ciascun singolo individuo, o funzione organizzativa, venga totalmente trasmessa e sia coerente qualitativamente e quantitativamente con le altri funzioni e ciò generi una forza più grande, compatta e della stessa qualità.
Ciò permette, nei momenti di bisogno, di essere concentrati e utilizzare risorse della stessa qualità, in grado quindi di produrre il massimo sforzo possibile La strategia è da intendersi come un piano di azioni concepite e disegnate per raggiungere un particolare obiettivo.
Quindi quando si inizia un percorso dobbiamo stabilire un obiettivo Perché una bufera non dura un mattino intero e uno scroscio non dura un giorno intero. Se riusciamo a entrare nella logica che non possiamo persistere a lungo, a maggior ragione l’uomo. Quando si pensa ad un lavoro di strategia in funzione della gara successiva, non si può immaginare di attaccare, per esempio in continuazione o di essere non propositivi per tutta la gara, ci sono dei momenti nei quali sui può pressare e momenti nei quali minimizzare l’impegno e quindi il consumo di energia. Sempre nel V sec. A. C. si diceva che chi sa camminare, usa proprio la quantità di energia necessaria per andare avanti, per non lasciare tracce, deve camminare leggero e non alzare polvere. Se si alza la polvere usa più energia di quanto sia necessaria a raggiungere lo scopo; e questa energia non assorbita prende un’altra direzione e si spreca nel sollevare la polvere. Chi migliora il più possibile il rapporto sforzo/risultato ottiene una migliore efficienza (l’efficacia è dtata per scontata). Ma vediamo quale è la differenza tra efficienza ed efficacia. Se due calciatori si pongonoc ome obiettivo quello di fare 300 palleggi, sono entrambi efficaci, tra i due risulterà più efficiente quello cha avrà raggiunto l’obiettivo con il minimo dispendio di risorse. Se una squadra per arrivare al tiro in porta deve coinvolgere 10 giocatori che provocano più attività di inganno per rompere gli equilibri della squadra avversaria sarà sicuramente stata efficace ma non efficiente. Ecco il concetto di strategia nella gestione delle energie nella gara. Ultima considerazione, in questo articolo, è quello di avere la capacità di strutturare le forze esterne. L’attacco si effettua “manovrando” l’avversario fino a quando l’equilibrio degli avversari diventa precario. Questo nel calcio può avvenire in due modi: 1) attendere un passo falso (errore); 2) abbandonare la posizione di equilibrio per attaccare e, in questo caso, l’attaccato dovrà semplicemente tirare la squadra avversaria dalla parte in cui l’avversario ha portato l’attacco, nella direzione stessa della spinta, si ottiene con un effetto minimo uno sforzo minimo un effetto moltiplicativo della nostra energia. Per stare in campo nelle migliori condizioni bisogna essere concentrati dentro e vigili fuori, fissando l’attenzione su un solo punto per volta.